“Palermo mi sembrò una città al contempo splendida e decadente, il cui aspetto un po’ in rovina mi affascinò moltissimo. Ebbi l’impressione di una città molto diversa dalle altre città italiane, con una sua identità molto particolare e una bellezza tutta sua”.
Daniel Pennac
Splendida e decadente Palermo. L’ho trovata esattamente così anche io: costantemente sospesa tra la stupefacente bellezza artistica dei palazzi e la caciara dei mercati rionali, tra le vestigia di antichi splendori e la decadenza di tempi irrimediabilmente passati. E’ come se fosse un’attrice teatrale un po’ attempata, che si guarda allo specchio dopo lo spettacolo e, nonostante le pieghe del viso e l’aria stanca, ha gli occhi che brillano.
C’è la Palermo dei viali alberati, dei bei negozi, della Cattedrale, dei palazzi arabeggianti e dei calessi per turisti. Delle “coffe” per le signore, delle panelle all’ora dell’aperitivo, del mare trasparente di Mondello e delle chiese affrescate. Di Monreale, di fontane e di echi normanni. La classica cartolina. Ma c’è anche la Palermo della Zisa, del mercato di Ballarò dove se arrivi da fuori non sempre ti senti il benvenuto, dei murales in mezzo al nulla, dei banchetti per la strada con il migliore street food del mondo, dei drink ai Colletti, dei “buttadentro” un po’ fastidiosi di fronte ai ristoranti. E poi c’è la Palermo che abbiamo conosciuto dai telegiornali, quella dei giudici morti ammazzati, delle stragi, degli omicidi di mafia, di Capaci, di Via d’Amelio e della paura. Perchè non si può negare che in questo posto il peso della storia si senta. Eccome se si sente. E pesa, appunto. Tanto.
Ma c’è anche voglia di riscatto, di distinguersi, di portare avanti idee nuove. C’è la Piazza della Memoria, per esempio. C’è un museo di due piani che racconta con semplicità ed efficacia gli anni più bui della città e propone iniziative e attività per provare a cambiare le cose. A pochi chilometri da Palermo, a Cinisi, c’è Peppino Impastato, con tutto quello che ci ha lasciato, e il suo meraviglioso esempio. C’è un signore che regala libri per strada, senza chiedere nulla in cambio. C’è l’accoglienza stupenda dei Palermitani, persone autentiche e calorose. C’è il mare, che anche se non lo vedi lo percepisci sempre che c’è, che è lì a due passi.
Non l’avrei immaginato prima di partire, ma Palermo mi è entrata nel cuore. Mi si è infilata sotto la pelle e ha strisciato fino al cuore, a quella parte di me in cui si posano solo pochi posti speciali visti durante i miei viaggi. Palermo, con tutte le sue contraddizioni, si è infilata in quella parte di anima riservata alle cose belle, quelle che non voglio lasciare andare, quelle che prima o poi voglio riprendere, rivedere, rivivere. E’ una promessa: torno presto. “Ni viriemu”, Palermo bedda.
*coffa = tipica borsa in paglia intrecciata e decorata
** ni viriemu = ci vediamo presto