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BIRMANIA: ITINERARIO, DIARIO FOTOGRAFICO E PRIME IMPRESSIONI

BIRMANIA: ITINERARIO, DIARIO FOTOGRAFICO E PRIME IMPRESSIONI

11 giorni in Birmania: 3 aerei e oltre 15 ore di volo per arrivarci, compresi uno scalo in Oman e una notte a Bangkok a nuotare in piscina sotto le stelle. 5 compagni di viaggio simpatici ed interessanti e un pulmino scassato. 3 barche, qualche tuk tuk e diversi taxi dalle forme più svariate. 5 hotel, 2 voli interni presi in aeroporti dove ti identificano con un adesivo sulla maglietta e ti lasciano salire con una doggy bag con banane e salsicce. Un visto arrivato al volo e nuovi timbri sul passaporto. L’oro prezioso delle pagode luccicanti con accanto l’odore della strada affollata e del cibo fritto. I bambini in biciclette più grandi di loro e le donne del mercato che ti chiedono timidamente una foto. Le processioni sul fiume, i mercati galleggianti e la sensazione della pietra fredda sotto i piedi nudi nei luoghi di culto. Le mille posizioni diverse del Budda. I templi di Bagan, che li guardi e ti commuovi perché ti sembra impossibile che il mondo sia tanto bello. Le albe, i tramonti e tutto quello che c’è stato in mezzo. Mettersi e togliersi le scarpe in continuazione per scoprire meraviglie sempre nuove. La sensazione dell’acqua fresca della piscina sulla pelle dopo giornate caldissime. Il profumo dei fiori e la corsa in taxi in cima alla collina per non perdersi il sole rosa. Le vesti rosse dei monaci stese ad asciugare al sole e i gatti che sonnecchiano nei monasteri. Le scimmie dispettose e i pescatori che danzano sulla superficie del lago in equilibrio su una gamba sola. Il gusto del riso fritto sul palato e l’asfalto rovente sotto le scarpe. Il longy che ancora non è stato sostituito dai jeans e i ragazzi che ti chiedono dove abiti e che cos’è la neve. I panni colorati stesi ad asciugare ovunque ci sia spazio. Gli stupa e il silenzio attorno, interrotto solo dal suono della campanelle al vento. Le risate, la corsa in calesse e la Myanmar Beer onnipresente. Le barchette colorate, i ragazzi del posto ansiosi di raccontarti la loro storia e il sapore dello zucchero che si scioglie sulla lingua a fine pasto. Le ore trascorse ad ammirare dipinti illuminandoli con la torcia dell’iphone. Il rumore del piatti lavati e poi riempiti e poi lavati ancora a bordo strada, che se vuoi mangiare bene basta solo sederti e chiedere. Le mongolfiere in cielo e il brivido di restare senza il wi-fi per due interi giorni. Le mani che scrivono messaggi sugli smartphone e quelle che disegnano opere d’arte sulla stoffa. I “grazie”, tantissimi, per aver scelto la loro terra come meta di vacanza. I sorrisi incredibili che ho intercettato appena scesa dall’aereo e di cui sono andata poi in cerca per tutto il viaggio. Me li porto tutti dentro, me li ricordo uno per uno. Hanno reso speciale ogni secondo trascorso a vagabondare in Myanmar. E chissà che un giorno non torni a cercarne altri.

ITINERARIO:

DAY 1/2: Milano – Muscat – Bangkok

DAY 3: Bangkok – Yangoon

DAY 4: Yangoon – Mandalay – Amarapura – Inwa – Sagaing

DAY 5: Mingun – Mandalay

DAY 6: Mandalay – Monte Popa – Bagan

DAY 7: Bagan

DAY 8: Bagan – Pindaya – Lago Inle

DAY 9: Lago Inle

DAY 10: Kakku – Lago Inle

DAY 11: Heho – Yangoon

DAY 12: Yangoon – Bangkok – Siemp Reap (da qui il mio viaggio è proseguito in solitaria tra Cambogia e Thailandia, ma questi sono altri post…)

Sono tornata da un paio di settimane ma ancora sto metabolizzando i momenti trascorsi in questo viaggio: ci sono molte cose che mi hanno colpito, molte persone che mi sono rimaste nel cuore e molti attimi che sono stati preziosi. Non sono ancora riuscita a mettere tutto nero su bianco, quindi per ora vi lascio al primo diario fotografico (di cui avete già avuto un assaggio su Instagram e sulla pagina facebook) e ad un post che ho scritto di getto il secondo giorno di viaggio, una pagina di diario personale che forse vi farà capire più di mille altre parole perchè è stato un viaggio così emozionante. Perché sono le persone, e non (solo) i monumenti, a fare i luoghi e a fare i viaggi; ma non tutti, solo quelli un po’ speciali che ti entrano sotto la pelle e ci restano per sempre.

Qui in Birmania è successa una cosa. Con la mia solita grazia sono inciampata in un tubo su un ponte e sono caduta lunga distesa in maniera abbastanza comica. La cosa peggiore è che avevo in una mano la macchina fotografica e nell’altra l’iPhone 6 ancora miracolosamente intonso dopo un anno in mia compagnia. Cadendo ovviamente li ho lasciati andare per mettere, istintivamente, le mani avanti. Li ho scagliati a circa due metri di distanza. Ero ancora a terra e alzando gli occhi ho visto correre su di me e sulle mie cose almeno 7 persone. Subito nella mia mente è passato l’incubo del viaggiatore/fotografo: ”ecco ora mi rubano tutto e ciao, pure il primo giorno ca..o”. Invece due di quelle persone sono venute ad aiutarmi, una a chiedermi se stavo bene, una a raccogliermi le cose in giro e altre ancora a cercarmi un sacchetto per mettere i cocci (per fortuna solo del vetro dell’iPhone, se non si conta anche la mia dignità). Io mi sono sentita una stronza completa per quel veloce pensiero quando ho visto tutti arrivarmi addosso. Poi dopo, rimettendomi a camminare, ho riflettuto che viviamo davvero un un mondo storto se la prima cosa che proviamo verso gli altri e’ il sospetto. È la morale di questa favola non è che dobbiamo essere tutti meno prevenuti e diffidenti, perché questo già si sapeva. Ma è: viaggiate viaggiate viaggiate. Quello che c’è lì fuori non è mai come sembra”

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